Il rischio di una grande epidemia di influenza aviaria è concreto. Già lo scorso anno, tra l’aprile 2021 e l’aprile 2022, in Europa si è registrata la maggiore epidemia di questa malattia. Secondo i dati emersi da un rapporto congiunto redatto da EFSA, ECDC e EURL, sono stati 48 milioni gli uccelli abbattuti negli stabilimenti colpiti per un totale di circa 2500 focolai.
Una situazione molto preoccupante sia per la sua estensione, che ormai abbraccia tutta l’Europa, ma soprattutto per le probabilità sempre più alte che il virus si diffonda rapidamente tra gli uomini attraverso qualche variante ancora più aggressiva e contagiosa di quelle che hanno già fatto lo spillover, raggiungendo l’essere umano e arrivando ad uccidere già nel corso degli scorsi anni.
Rischio aviaria: ecco perché preoccupa
Focolai di aviaria negli allevamenti si sono registrati dalla Norvegia, al Portogallo all’Ucraina, in un totale di ben 37 europei. Numerosi i focolai anche in Italia: il più recente a Treviso, ma in totale sono 317 quelli registrati, principalmente in Veneto.
Come ha riferito Ernesto Burgio, membro del consiglio scientifico di ECERI (European Cancer and Environment Research Institute) di Bruxelles, in una recente intervista a Il Fatto Quotidiano, “I virus aviari sono da decenni il problema più temuto da virologi ed epidemiologi esperti di zoonosi e malattie infettive in genere. […] Qualcosa di simile era successo nel 1918, allorché un virus aviario passato nell’uomo aveva causato la più drammatica pandemia moderna: la cosiddetta Spagnola, che aveva ucciso 30-50 milioni di esseri umani.
[…] Il tanto temuto spillover avviene raramente […] ma in moltissimi allevamenti avicoli emergono sempre nuovi sottotipi che hanno la capacità di infettare l’uomo e che, evolvendo molto rapidamente, potrebbero acquisire le mutazioni in grado di renderli oltre che virulenti, altamente contagiosi”.
Allevamenti intensivi: ecco perché sono un rischio
Sempre dalle parole di Burgio è possibile comprendere perché gli allevamenti intensivi costituiscono un rischio elevato. Secondo Burgio gli abbattimenti non sono una soluzione, mentre “il problema si risolverebbe semplicemente eliminando gli allevamenti intensivi”, una soluzione impraticabile in tempi brevi, soprattutto per motivazioni legate agli interessi economici. Tuttavia il rischio è elevatissimo, ma nonostante la preoccupazione di tanti scienziati nel mondo, i segnali che vanno in questa direzione sono pochi o nulli.
Un vaccino veterinario contro l’Aviaria, secondo Burgio è una “soluzione estremamente aleatoria”. La sua efficacia sarebbe legata alla specificità del ceppo di elaborazione ed un vaccino, per essere pienamente efficace, necessita di essere pressoché identico al virus, che invece muta molto velocemente, anche più di quanto facciano i Coronavirus. Per Burgio l’unica soluzione è chiudere gli allevamenti intensivi al più presto.