La psicologia è un terreno vastissimo e sicuramente complesso nella sua assoluta diversità di dettami e condizioni, di cui solo alcune sono naturalmente comprese o comunque “conosciute” seppur basilarmente nel contesto generale di applicazione: la sindrome di Peter Pan, spesso compresa e considerata come una intrinseca paura di crescere, è in realtà qualcosa di molto più complesso di questa definizione. La sindrome di Peter Pan può infatti avere sintomi e metodologie di evidenza diverse da situazione a situazione. Come riconoscerla, considerando anche le cause ed i sintomi?
Come ogni forma di condizione mentale non esistono per forza dei casi completamente paralleli. La sindrome di Peter Pan non significa semplicemente “non voler crescere”, ma si porta dietro una serie di condizioni abbastanza particolari.
E’ il caso di esaminare alcune situazioni e sintomi, che porta spesso a questa forma di figura l’associazione al “bamboccione” o al “bambinone”.
Sindrome di Peter Pan: come riconoscerla, cause e sintomi
La psicologia è praticamente d’accordo con la definizione generica: la sindrome di Peter Pan corrisponde ad una intrinseca, che però può diventare anche qualcosa di legato ad una scelta personale che sviluppa un comportamento generalmente immaturo, che inevitabilmente si ripercuote anche nella vita adulta.
E’ generalmente associata all’infanzia ed al processo di crescita, tende a palesarsi in condizioni genitoriali troppo permissive, viziate ma anche al contrario eccessivamente poco permissive e “severe”. Anche se il soggetto da bambino non viene portato all’insegnamento delle responsabilità ed al sistema causa – effetto.
Tra i sintomi conosciuti ci sono esattamente quelli legati all’essere un “bambinone” ossia una tendenza a non legarsi alle responsabilità, ma anche la tendenza come comportamento basilare di fare i capricci e di non sviluppare una forma di maturazione. Comunemente chi ne soffre può anche mascherare gli atteggiamenti da ragazzo mai cresciuto ma difficilmente avrà voglia di impengarsi in quasi ogni relazione. In non rari casi è diventa anche bravo a “manipolare” e distrarre le persone con le quali ha maggior confidenza soprattutto quando si trova in difficoltà.
Tende a non mettersi in discussione e sviluppare quindi una comfort zone che però non sviluppa progressi anche nei confronti di se stesso. Anche altri atteggiamenti come la tendenza a pensare a se stessi (ad esempio quando è portato a fare un regalo) è tipica della sindrome potenziale.
E’ essenziale, per “contrastare” questa forma di problema intrinseco, affrontare il tutto con dovizia, anche palesando la condizione psicologica in modo diretto, e portare il soggetto, seppur con tatto, alle responsabilità.