Per veleno si fa riferimento ad una sostanza presente solitaemente in natura che viene utilizzata come risorsa difensiva per proteggersi da elementi esterni come gli animali oppure da altre forme di vita. Numerose varianti vegetali sono conosciute per essere tossiche o addirittura letali se ingerite e in alcuni casi anche il semplice contatto con queste può provocare problemi. Anche se molto generalmente consideriamo quelle che “vivono” attorno a noi tendenzialmente innocue, in realtà anche il contesto urbano può ospitare forme di vita decisamente pericolose anche se presentano un aspetto innocuo.
Attenzione ecco le piante velenose che sembrano innocue: la lista
Un esempio è costituito dall’agrifoglio, una pianta erbacea simile all’alloro (Ilex aquifolium), munita di foglie lucide e dalla forma caratteristica che in alcune fasi dell’anno sviluppano fiori bianchi o rosati e delle bacche di color rosso vivo. Poche di queste, se ingerite provocano gravi problemi intestinali, come forti dolori, fitte, bruciore ma anche nausea e vomito, anche se non è letale.
Decisamente più pericoloso è il tasso comune, che fa parte della famiglia delle Conifere, un albero sempreverde che può superare anche i 20 metri di altezza, e produce delle foglie piccole e sottili, dalla forma arcuata. Il tasso non produce frutti ma protegge i semi con degli involucri rossi. Semi e foglie sono velenosissimi per moltissimi animali e anche gli esseri umani, dato che una piccola quantità può scatenare una paralisi cardiaca e respiratoria. Non a caso il tasso viene chiamato anche Albero della morte.
Da menzionare anche la belladonna, nome comune della pianta erbacea Atropa belladonna, che predilige gli ambienti di montagna, in Italia è infatti presente e diffusa su Alpi e Appennini, è conosciuta fin dall’antichità per la tossicità e per le proprietà allucinogene delle bacche, di colore scuro, e il loro consumo può avere numerosi effetti pericolosi: nausea, vomito, tachicardia, , dilatazione delle pupille, ansia, delirio e convulsioni, ma anche coma e all’arresto cardiocircolatorio.