I vini italiani sono molto apprezzati in tutto il mondo, per vari motivi che fanno riferimento a fattori come il clima, la geografia, la storia, le tecniche di vinificazione e la cultura enologica. La diversità dei terreni in Italia permette di coltivare numerosi vitigni che producono vini dalle caratteristiche uniche. Dai terreni vulcanici della Sicilia ai suoli calcarei della Toscana, il risultato è variegato. Lo stesso si può dire del clima, da quello del Trentino Alto Adige a quello mediterraneo della Sardegna: è possibile coltivare varie tipologie di uve, ciascuna con il proprio microclima ottimale.
La tradizione vinicola di qualità in Italia
Il nostro paese, rinomato per la sua tradizione vinicola secolare e la varietà dei suoi vitigni autoctoni, riveste un ruolo di primo piano nell’export vinicolo a livello globale. Grazie alla qualità e alla diversità delle sue etichette, ma anche per effetto di una cultura del vino radicata in tutto lo stivale – testimoniata anche dall’interesse di milioni di appassionati che, attraverso siti tematici come winemeridian.com, si informano su eventi, rassegne e curiosità che riguardano la bevanda di Dioniso – l’Italia può essere considerata a tutti gli effetti come una delle roccaforti europee del settore vitivinicolo.
In Italia si punta sulla qualità e sull’innovazione, perché i produttori combinano i metodi tradizionali con le tecnologie moderne per il miglioramento costante della qualità. In molti casi, chi ha a disposizione dei vigneti è anche un piccolo produttore che lavora con passione e attenzione, producendo anche vini artigianali. In Italia il vino è una parte integrante della vita quotidiana e della cultura, un prodotto associato spesso alla gastronomia e alla convivialità. È una vera e propria cultura del vino, che si riflette nell’attenzione alla qualità.
Il Lambrusco, il vino italiano più esportato
In questo contesto non si può non parlare del Lambrusco, prodotto tipico della Pianura Padana, in particolare delle province di Mantova, di Modena, di Parma e di Reggio Emilia. Il Lambrusco è il vino italiano maggiormente esportato, con vendite in costante crescita soprattutto in Europa, negli Stati Uniti, in Brasile e di recente anche in Cina.
Il Lambrusco diventa quasi un simbolo di questo territorio del nostro Paese, nel quale il vino rosso frizzante diventa l’accompagnamento ideale per i vari prodotti culinari eccellenti a base di carne suina. Lo scrittore Mario Soldati aveva descritto il Lambrusco come lo Champagne umile dell’Emilia-Romagna. Luciano Pavarotti ne esaltava le qualità, definendolo uno “spumante selvaggio”.
Oggi il Lambrusco viene considerato come un vino leggero, frizzante, con un contenuto alcolico basso e un profilo organolettico che viene valorizzato da una caratteristica molto importante che lo contraddistingue, l’effervescenza naturale.
Il vino di cui si sta parlando è apprezzato perché si presta a tantissimi abbinamenti gastronomici. Inoltre, è legato alle tradizioni e ci sono ancora coloro che lo servono nelle tradizionali ciotole di ceramica bianca, che permettono di notare delle tracce lasciate nel materiale, le quali testimoniano la sua autenticità.
L’origine del Lambrusco
La teoria più comune sull’origine del nome Lambrusco fa riferimento ai termini latini labrum, che significa margine, e ruscum, il cui significato è quello di pianta selvatica. I Romani usavano la parola labrusca per descrivere la crescita spontanea della vite ai bordi dei campi.
I primi vini della storia venivano prodotti con uve selvatiche. I Romani bevevano l’antenato del Lambrusco anche nella versione frizzante, che veniva ottenuta con una seconda fermentazione in anfora. Dopo essere riempite e sigillate, le anfore erano interrate oppure posizionate in acqua fredda per metà. La temperatura veniva così resa bassa.
Per rendere il vino frizzante, la temperatura veniva poi aumentata e dopo qualche giorno il vino era pronto da bere. La vite labrusca si adattò in maniera perfetta soprattutto nella zona di Modena, come dimostrano i ritrovamenti di semi che indicano che queste uve selvatiche erano note anche agli Etruschi.